Martina Marini è una giovane sommelier di origini romane che ormai da 15 anni vive e lavora a Londra. Negli ultimi anni, accanto alle bottiglie di vino classiche sono comparse nuove etichette che vanno dal biologico al biodinamico. Come capire che tipo di prodotto stiamo acquistando? Quali sono le differenze tra le diverse tipologie di produzione vinicola? Martina ci aiuterà a capire come districarci tra le varie diciture che troviamo sulle etichette del vino e come conservarlo al meglio.

Che differenza c’è tra vino classico, biologico e biodinamico?
“Il vino classico è un prodotto industriale in cui c’è libertà di utilizzo, sempre nei limiti consentiti dalla legge, di tutti i prodotti chimici che si usano solitamente in agricoltura, impoverendo un suolo già sfruttato dalla monocoltura – spiega Martina Marini -. Invece per il vino biologico si cerca di non utilizzare prodotti chimici in vigna né additivi in cantina, come acidi, zuccheri, tannini, mosto concentrato o solfiti. Per quanto riguarda il biodinamico, bisogna partire dall’idea che è una filosofia di coltivazione, elaborata dal filosofo Rudolf Steiner a partire dai primi del ‘900. Steiner ha una concezione olistica dell’attività agricola, in cui tutto è interconnesso, dall’uomo alla pianta, dal suolo alla natura circostante. Possiamo, in sintesi, dire che un vino biodinamico è comunque un vino biologico, creato secondo le indicazioni di questa particolare filosofia. Inoltre, parliamo di un’agricoltura che ritorna al passato, seguendo le fasi lunari ed escludendo i prodotti chimici”.
Cosa sono i solfiti e perché si utilizzano per la conservazione del vino?
“I solfiti sono un prodotto chimico che aiuta a proteggere il vino dai batteri e lo stabilizzano, soprattutto se il vino deve viaggiare – chiarisce la nostra sommelier -. Poi bisogna distinguere tra i solfiti naturali – prosegue Martina – che si sviluppano nella fase di fermentazione e quelli che vengono aggiunti all’imbottigliamento. Dunque, il vino contiene naturalmente solfiti. Se in etichetta è riportata la dicitura “con solfiti aggiunti”, significa che oltre a quelli naturali ne è stata aggiunta una piccola dose come stabilizzante”.
Martina, quanto tempo si può conservare una bottiglia di vino?
“In linea generale possiamo dire che il vino non ha una scadenza – afferma Martina Marini -. Ci sono però da fare delle valutazioni, sia rispetto alla tipologia di vino che rispetto alla conservazione delle bottiglie. Ad esempio, un vino novello dovrebbe essere consumato entro 6 mesi, massimo un anno dall’imbottigliamento. Sono vini imbottigliati a 6/8 settimane dalla vendemmia, con macerazione carbonica, non sono affinati in botti, vasche di cemento o acciaio e sono fatti appositamente per essere consumati giovani. Poi ci sono vini, ad esempio il Brunello, il Barolo, il Chianti o anche l’Etna e l’Amarone, che sono strutturati e imbottigliati dopo anni di affinamento in botte. Questi sono vini più longevi che durano anche decenni. Anche i bianchi e i rosati possono durare cinque o dieci anni”.
Per quali vini è consigliato l’utilizzo del decanter?
“Va utilizzato per le bottiglie che sono state in cantina per molto tempo – suggerisce Martina Marini – ma più per filtrare eventuali sedimenti che per l’ossigenazione. Per quella basta aprire la bottiglia mezz’ora prima. Se un vino ha bisogno di essere ossigenato, è meglio che l’impatto non sia violento ma che l’ossigeno penetri all’interno della bottiglia gradatamente. Inoltre, possiamo usare il decanter per i vini molto giovani che potrebbero presentare dei difetti perché prodotti in assenza di ossigeno. In questo caso, potrebbero sviluppare un composto volatile solforoso che gli conferisce il tipico odore di uovo o cavolo o ancora aglio”.
Sempre in più case ci sono le cantinette per il vino, quali sono le temperature ideali per la conservazione delle bottiglie?
“Se abbiamo una cantinetta a temperatura unica, teniamola intorno ai 16/17 gradi – conclude Martina -. Altrimenti possiamo tenere i rossi a 16/17 gradi mentre i bianchi e i rosé tra i 10 e i 12 gradi”.